a cura di Marta Lovato

Un Festival della poesia giovane in cerca di dimora, un giardino quasi segreto che si apre solo due settimane l’anno e tre donne che si incontrano e si riconoscono subito. Così nasce la collaborazione tra il Festival Parco Poesia e Le Città Visibili. Punto di riferimento per la poesia giovane ed esordiente, Parco Poesia porta ogni anno a Rimini quasi 100 poeti tra grandi maestri e giovani esordienti, che quest’anno hanno riempito di parole piene e leggere la magica cornice del giardino di Palazzo Lettimi (qui un approfondimento sull’allestimento).

Abbiamo deciso di intervistare quattro giovani promesse. Le domande erano uguali. Le risposte, invece, sono tutte diverse e disegnano mondi unici che non hanno bisogno di ulteriori parole.

Chi sei? Potresti presentarti in breve?
Ivonne:
Sono Ivonne Mussoni, nata a Rimini, ho ventitré anni e sto frequentando l’università di lettere a Bologna, ho appena pubblicato la mia prima raccolta di poesia per Giulio Perrone Editore, La corrente delle cose ultime.

Giorgio: Mi chiamo Giorgio Ghiotti e sono un ragazzo di ventitré anni nato a Roma, nel quartiere Monteverde, dove vivo. Per moltissimi anni (e quando dico moltissimi intendo moltissimi) ho annesso a Monteverde i quartieri che scoprivo; così la prima volta che, in quinta elementare, ho preso il tram senza adulti e sono stato a piazza Argentina con un mio amico, Manuel, ho telefonato a mia madre felice: a Monteverde c’è una piazza bellissima con degli scavi antichi e gatti a dormicchiare tra le rovine! Da allora nutro un fascino straordinario per le città, gli spazi, la geografia urbana, mi interessa capire in che modo di lega alla geografia sentimentale. Credo siano la stessa cosa. Fuori tema, come sempre, rispetto alla domanda, perdono. Insomma, ho studiato al liceo classico Manara (ancora Monteverde) e mi sono laureato in Lettere alla Sapienza (non più Monteverde). Da settembre mi trasferirò col mio compagno a Milano.

Simona: Sono Simona (Cerri Spinelli, ndr), originaria di Volterra, città etrusca “di vento e di macigno”, come scriveva D’Annunzio. Attualmente vivo a Firenze, dove ho studiato Storia dell’arte. Scrivo poesie da sempre, leggo molto, parlo poco. Sono come sono, impaziente, allegra, malinconica, permalosa, troppo buona.. Vivo così, sempre “Al centro dei rovesci”,  perché a volte è necessario.

Sofia: Mi chiamo Sofia Fiorini e ho 21 anni. Studio Lettere a Bologna e ho appena pubblicato il mio primo libro di poesie “La logica del merito” per Interno Poesia.


Perché hai scelto il linguaggio della poesia per esprimerti?


Ivonne:
In realtà non credo sia stata una scelta, spesso ho la netta sensazione di non avere deciso proprio le svolte più importanti che ha avuto finora la mia vita, ma di averle subite come si può subire un innamoramento, disarmata e senza scelta. La poesia , nel suo ritmo, nella dolcezza o l’asprezza di certe parole, risveglia in me una parte più antica e selvatica della mente e riesce a sciogliere più facilmente che in altre forme d’espressione i nodi cristallizzati del pensiero fino ad aprire qualcosa di segreto che in altre condizioni non credo emergerebbe.

Giorgio: Ho scelto il linguaggio della poesia perché amo le parole, e le amo tutte, e credo che sceglierle sia un compito fondamentale, un compito politico ed etico, e la poesia più di altre forme d’arte – e certamente più della prosa – sente la responsabilità, il peso (ma nel senso di una pesanteur di morantiana memoria) della lingua, di ciò che le parole vogliono significare e di quello che possono. C’è una bellissima frase che mi piace riportare, la prendo in prestito dal romanzo “Precious” di Sapphire: “Con le lettere si fanno le parole, con le parole tutto”.

Simona: Non ho scelto niente, semplicemente, scrivere è quello che so fare meglio. Anzi, è quello che so fare.

Sofia: Della poesia mi piace l’assertività. La possibilità di dire l’essenziale in modo preciso.

Che cos’è per te la poesia?


Giorgio:
Non so che cos’è la poesia. Certamente è qualcosa, per me, che rende il mondo non più bello, ma più pieno di senso, di sensi, quindi di significati.

Simona: La Poesia è una necessità, scrivere poesie si può equiparare ad un bisogno fisico, come mangiare, bere, andare in bagno.

Dove cerchi l’ispirazione?
Simona:
Non la cerco affatto, viene da sola. A volte capita che stia dormendo, oppure che sia in mezzo al traffico, oppure a casa e mi viene in mente un verso. O anche più di uno. Se non li scrivessi, li scorderei subito.

Sofia: Non la cerco. La cosa da dire preme come un pensiero fisso, un’impellenza, finché non viene scritta.

Chi sono i tuoi modelli poetici di riferimento?

Ivonne: È una domanda difficile, appena ho iniziato a leggere poesia ci sono stati Caproni, Luzi, Eliot, Garcia Lorca, leggevo come se dovessi rifarmi di tutti gli anni trascorsi in sua assenza ,come una assettata prendevo tutto con confusione e mischiavo qualsiasi cosa mi capitasse sotto mano, da Rimbaud a Stefano Simoncelli, ho amato molto Amelia Rosselli, Scarabicchi, Pavese, Rilke, Mariangela Gualtieri. Poi Isabella Leardini e Valerio Grutt mi hanno aiutata a trovare un po’ di ordine nel mio viaggio. Ora sto leggendo molta prosa, cerco di non avere dei modelli di riferimento e di slegarmi per cercare una voce che non sia influenzata da altro, non è facile ma ci sto provando.

Giorgio: Mi chiedi dei modelli poetici, non i grandi amati, e allora ecco dei nomi che esauriscono i miei modelli poetici, ma non i poeti amati (l’elenco sarebbe altrimenti assai più lungo): Vivian Lamarque, Biancamaria Frabotta, Giovanna Sicari, Beppe Salvia, Gino Scartaghiande, Stefano Moretti (che scrisse un unico libriccino di poesia, “Gattaccio randagio”, portato in Einaudi da Elsa Morante. Amo molto i poeti della scuola romana degli anni 80, che peccato siano poco ricordati.

Non è finita qui.  Abbiamo intervistato altri quattro giovani poeti e gli abbiamo chiesto di parlarci del loro rapporto con i social network e della relazione tra questi e la poesia. Due mondi all’apparenza lontani. Le loro risposte invece sembrano dire l’opposto…

Ma prima le presentazioni:

Damiana De Gennaro, classe 1995, studia lingue e culture comparate all’Università di Napoli “L’Orientale”, ha appena pubblicato una raccolta di poesie “Aspettare la rugiada” (Raffaelli).

Federica Bologna, 22 anni, studia Lingue all’Università di Bologna. Dal liceo scrive poesie e si è avvicinata alla letteratura.

Luca Brunone, classe 1992,  da sempre appassionato alla lettura assieme ad altri giovani riminesi organizza serate di Poetry Slam sotto il nome di “Collettivo Slow Lapin”, coprendo anche la mansione di fotografo. Nel 2016 è uno dei segnalati del Premio Poesia di Rimini, mentre nel 2017 si classifica tra i semifinalisti dello stesso premio.

Gaia Ginevra Giorgi, 24 anni, laureata in filosofia all’Università di Torino. Nel 2016 pubblica “Sisifo” (Alter Ego Edizioni), suo esordio poetico e, allo stesso tempo, performance poetica sonorizzata. A maggio ha pubblicato con Interno Poesia il suo secondo librino “Manovre segrete”, che ha visto luce insieme con un progetto di videopoesia.

E ora via all’intervista

Qual è il tuo rapporto con i social media? Pensi possano veicolare un contenuto poetico e come?

Damiana: Penso che il mio rapporto con i social media sia tendenzialmente positivo: ne faccio un uso moderato e, poiché non espongo su di essi opinioni e pensieri personali, difficilmente divengono strumento di conflitto, e non mi procurano particolare tensione.
Più che veicolare un contenuto poetico, credo che i social abbiamo la potenzialità di suggerirne l’esistenza. La bellezza si manifesta secondo le proprie leggi, che non possono essere previste e calcolate. I social hanno, a mio parere, la facoltà di colpire la sensibilità in modo completamente casuale, imprevisto. Non è da escludere che un post contente pochi versi di un poesia, possa suscitare la curiosità e il desiderio di approfondimento verso quella poesia, o il poeta nel suo complesso.

Federica: I social media fanno parte della mia quotidianità. Li uso per contattare amici, creare dibattito politico e promuovere articoli ed eventi che trovo interessanti. Hanno un grande potenziale informativo, ma l’informazione è resa casuale, frammentata e non-democratica. Facebook può portarti a leggere una fake news come una poesia di Lorca.
Credo che sì, i social network possano veicolare il contenuto poetico, basta pensare agli instapoets statunitensi. Tuttavia la poesia deve essere adattata, resa grafica e attraente attraverso lo scatto fotografico. Deve essere una poesia un po’ da fashion blogger.

Luca: Il mio rapporto con i social media nasce dai primi anni delle superiori, soprattutto con Facebook.
Più avanti, ricevendo il primo smartphone, mi sono lanciato su instagram e me ne sono follemente innamorato.
Quotidianamente controllo le mie feeds, mettendo likes e commentando i post di amici e sconosciuti in giro per il web, in modo tale da accrescere la mia cultura ma anche il numero di amici e seguaci con cui scambiarsi opinioni.
Essendo inserito in diversi ambienti poetici la mia feed è anche composta in buona parte da poeti, case editrici e organizzatori di eventi. Nel 2016 sono diventato io stesso un organizzatore di Poetry Slam, e i canali web sono stati indispensabili per far conoscere la pagina del Collettivo in cui lavoro, creando eventi e facendo video e dirette delle stesse serate. Penso appunto, che questi ultimi siano diventati i metodi più efficaci per la trasmissione di contenuti poetici, la gente spesso preferisce ascoltare una poesia piuttosto che leggerla, e sono quindi convinto che anche il ruolo del poeta stia lentamente mutando in una figura dove scrittura e performance vadano ad acquisire una profonda uguaglianza.

Gaia: Non mi sono mai piaciuti molto i social e sono stata piuttosto riluttante e parsimoniosa nell’utilizzo di essi (uso uno smartphone solo da pochi mesi e mi ostino a non avere whatsapp e instagram), tuttavia uso facebook e mi rendo conto delle potenzialità del mezzo, se usato a ragione. Uso facebook per promuovere la mia poesia (soprattutto per creare una rete di persone interessate, lettori, ma anche autori ed editori) e per organizzare e pubblicizzare eventi poetici e performativi. Io cerco di veicolare contenuti poetici attraverso una pagina da autrice dove raccolgo squarci di poesie, video di performance, interviste, recensioni e qualsiasi cosa possa arricchire la lettura dei miei testi, esperienza, però, che deve restare in primo piano.

Come realizzeresti un post instagram, che esprima la tua poetica?

Damiana: In generale, attraverso instagram condivido versi di altri che mi hanno affascinata, con dovute segnalazioni di autore e informazioni sull’opera.
Se c’è un elemento che possa essere ricondotto alla mia “poetica” (la parola mi procura qualche dubbio e un po’ d’imbarazzo) penso che sia la presenza dei fiori. Sul tavolo dove studio, spesso sono presenti dei fiori che in particolari condizioni di luce catturano completamente la mia attenzione, facendomi distrarre. Allora apro un libro di poesie, e cerco qualche verso che mi affascini. In questo modo nascono molti dei miei post instagram, a cui sono sinceramente affezionata.
Non faccio particolare uso di hashtag, poiché non mi preme il raggiugere un numero spropositato di persone, e preferisco mantenere una dimensione vagamente intima.

Federica: La mia è una poetica del dettaglio, della parola semplice che apre alla meraviglia. Penso alla “coolness” di Gatsby di cui Daisy si innamora, alle mani della persona amata da Sereni oppure alla pesca resa la più buona che Ted Hughes abbia mai mangiato dall’aver visto in foto Sylvia Plath. Quindi raccoglierei dei versi e poi userei il procedimento appena descritto.

Luca: Generalmente tendo ad essere piuttosto “geloso” dei miei lavori, la verità è che mi vergogno sempre un po’ dei miei scritti perché coinvolgono troppo una sfera intima che tendo a nascondere.
In passato realizzai un piccolo trittico poetico: pubblicai tre pezzi associate alle foto dai toni dark di Moustafa Sabbagh, ma con un pubblico perlopiù straniero o comunque perlopiù interessato alla mia immagine e alle mie foto, non ebbero particolare successo.
Ogni tanto pubblico foto e cito alcuni dei miei stessi versi, il mio segreto rimane comunque utilizzare una foto bella, accattivante, e che magari possa riguardare in qualche modo la didascalia che sto per scrivere, un’altra parte fondamentale sarebbe usare lingua inglese e hashtag, ma è una cosa che non sono propriamente pronto a fare con i miei versi.

Gaia: Come ti dicevo non ho instagram, so più o meno come funziona e qualche volta pubblico su facebook estratti di miei testi accompagnati da un’immagine, ma non ho troppa manualità con la faccenda!

Damiana, Federica e Luca hanno poi effettivamente realizzato un post instagram per noi, li trovate tutti sul nostro account @cittavisibilirn

 

Parco Poesia