Tutto tace,  il bancone da lavoro e gli scaffali sono pronti. Le sculture e il grande trespolo girevole riempiono la stanza. Le travi a cui è “aggrappata” la creta ci circondano,  e gli attrezzi emanano ancora il profumo del legno grezzo.

La immaginiamo così la “bottega artigiana” di Elio Morri che, ricavata all’interno di Palazzo Lettimi e attorniata dalla natura del giardino, è diventata per anni punto di riferimento dell’attività dello scultore riminese.

Storia e arte si incontrano, in un luogo simbolo di Rimini, pieno ancora di cicatrici e di ricordi.

articolo a cura  di Eliana Lamanna e Fiorella Tarantino

Riservato, ma aperto alle sperimentazioni. Tradizionale, ma mai banale. Non è semplice tracciare il profilo di un artista e di un uomo che rappresenta tuttora Rimini e le sue contraddizioni. Elio Morri, ha amato così tanto il Lettimi, tanto da utilizzarne una parte come studio/atelier per numerosi anni dal dopoguerra fino al 1992.

Sin da giovanissimo ha abitato nel borgo di Rimini e ne ha fatto, negli anni successivi, fucina della sua attività, dimostrando già da bambino una forte propensione alla scultura. Nato a Rimini nel 1913 e figlio di un ferroviere, si è formato prima all’ Accademia Albertina di Torino, lasciata in seguito per Ravenna. Nel 1934, un anno dopo essersi diplomato al Liceo Artistico di Bologna, ha aperto il primo laboratorio in Via Giordano Bruno e dal 1937 si è trasferito a Roma, dove aveva vinto il concorso nazionale per la “Scuola dell’arte della Medaglia” della Zecca di Stato.

Le prime commissioni pubbliche sono arrivate però da Rimini, ed è qui che Morri si è stabilito a partire dal secondo dopo guerra, costruendo anno dopo anno un rapporto privilegiato con la città.

Morri nella sua carriera ha conosciuto ed esplorato correnti artistiche differenti, utilizzando materiali come il legno, il gesso, la pietra, il bronzo, la ceramica, il cemento, ma anche materiali come reti metalliche e il cartone da imballaggio. L’insolito e l’usuale. L’inaspettato e il quotidiano.

Il legame che Elio Morri ha coltivato con la sua città è divenuto un aspetto concreto della sua arte: ha ricavato il proprio studio in uno degli spazi simbolo della storia di Rimini, Palazzo Lettimi.Organizzato tra i resti e le rovine del palazzo, lo studio si è imposto con le sue pareti altissime e i lucernari che ne la lasciavano filtrare la luce. Ed è qui , nell’atelier di Morri, che il  Lettimi è divenuto il luogo in cui lo scultore  ha saputo “dar voce” alla sua genialità e alla sua inesauribile attività.

Tra gli artisti che non hanno avuto un legame personale con Morri, ma che hanno vissuto il Lettimi anche attraverso le rovine e i resti di quel laboratorio, ormai inutilizzato, c’è Alessandro La Motta. Qualche anno dopo la morte di Morri, il Comune  di Rimini  ha concesso la possibilità al pittore e a pochi altri di visitare lo studio ormai fatiscente con lo scopo di realizzare una mostra sulla nuova generazione di artisti. Da questo progetto nacque l’Officina Riminese, con un  tributo allo scultore. La Motta ha sottolineato, in occasione della mostra commemorativa di Elio Morri del 2013, come anche dopo la morte dello scultore lo spirito della sua arte abbia continuato a svelarsi:

”Le sculture dell’artista ovviamente non c’erano più, ma ancora, in quell’antro arroccato e misterioso, noi vi trovammo ben vivido lo spirito dell’arte di Morri”. Spirito che ancora oggi, a più di vent’anni dalla sua scomparsa, esprime il desiderio di quel “giovane con la barbetta ricciuta color rame” di mantenere vivo il legame viscerale con la propria terra.