C’è un luogo, a Rimini, restituito alla natura, che, a sua volta,  sta per essere restituito alla città. Un giardino naturale, nato all’interno del perimetro di un palazzo che non esiste più, sopravvisuto al terribile terremoto del 1916, ma non alle bombe dell’uomo che, negli anni ’40, lo ridussero ad un cumulo di macerie. Quei saloni, dalle nobili vesti, che videro dimorare anche Re Giacomo Stuardo di Gran Bretagna durante la sua visita riminese, nel 1716, ora, son diventati la casa di sperduti “cucali” alla ricerca di un nido solitario, e habitat prediletto di piante dalle ombrose chiome. Il giardino, oggi preservato, e inaccessibile all’uomo dall’autunno 2015, sta per riaprire, eccezionalmente, per poco tempo, i battenti del suo antico portone, pronto a traghettarti in un mondo passato che è ancora vivo ed ha voglia di diventare il tuo presente.

articolo di Andrea Pari

 <<Mi chiamo Francesco: ho 20 anni, passo lì davanti ogni giorno, eppure non mi ero mai accorto che ci fosse un giardino>>.

<<Mi chiamo Andrea: ho 50 anni, mi ricordo quando il giardino era aperto e, seduto su una panchina, ho dato il mio primo bacio>>.

<<Mi chiamo Susanna: ho più di 80 anni, ero bambina quando, di ritorno dallo sfollamento a San Marino, vidi il palazzo crollato. Ricordo ancora il rumore delle macerie che si infrangevano sotto i mei piedi quando, curiosa, cercai di addentrarmi nei resti spettrali di quell’edificio>>.

 Francesco, Andrea, Susanna, tre storie, tre vite, tre visioni differenti di un luogo del passato che vorrebbe tornare a risplendere. Un luogo, voluto da Carlo Maschi, nobiluomo riminese, che lo edificò nei primi anni del cinquecento. Da allora, il palazzo, accompagnò, con fedele discrezione,  il cambiamento socio-politico-culturale di un’ Italia in tumultuoso fermento. In via Tempio Malatestiano, a Rimini, nelle stanze del piano nobile del palazzo, arricchite da arazzi pregiati, iniziarono presto a rieccheggiare l’ eroiche gesta di Mazzini e della battaglia del quartiere Celle, ma anche i racconti delle scorribande del Robin Hood romagnolo Stefano Pelloni, detto il Passator Cortese, quest’ultime decantate anche dal giovane poeta Pascoli che, proprio a pochi passi dal palazzo Lettimi, iniziò la sua formazione letteraria nelle aule del liceo classico Giulio Cesare.   El Nivoun del 1929, il rombo assordante delle auto della mille miglia, lo scoppiettio di una fogheraccia accesa nella vicina piazza Cavour, e, in lontanaza, il fumo che usciva dalla ciminiera della fornace dei Fabbri. Di quei tempi, e di quei luoghi, decenni dopo, Federico Fellini, dirà al mondo intero <<Amarcord>>, e, d’ allora, ogni volta che quella sua pellicola incontra il proiettore,  come per incanto, rivive un mondo, una fantasia, una suggestione, una città che non c’è più, ma che è ancora viva nel cuore e nel ricordo di chi l’ha amata, e che, al contempo, è pronta a raccontarsi e ad incantare tutti coloro che, di essa, non han ancora memoria.  Come il nostro giardino, nato dalle ceneri di quel palazzo che, passando dalla mano paterna dei Maschi a quella patrigna dei Lettimi, dopo aver osservato per secoli, sornione, l’Italia che cambiava, crollò, come un castello di carte, sotto il peso delle bombe del secondo conflitto mondiale.

Francesco, Andrea, Susanna, tre storie, tre vite, tre visioni differenti di un luogo del passato che vorrebbe tornare a risplendere. E tu? Qual’è il tuo rapporto con il giardino Lettimi? Hai dei ricordi che ti farebbe piacere condividere? Faccelo sapere.  Scrivici  a: info@lecittavisibili.com