Questo articolo è prodotto dai partecipanti al “Laboratorio gratuito di giornalismo culturale e narrazione transmediale“, organizzato da Altre Velocità per il festival Le Città Visibili 2023.


Nell’angolo in fondo a sinistra del foyer dell’ex cinema Astoria, pochi minuti prima di potersi accomodare, si intravede gracile e nuda un’asta di un microfono; sta lì, in piedi, sola, rivolta verso un pubblico di sedie vuote attente e ben ordinate. Lo scenario essenziale che si scorge tra i corpi degli spettatori ansiosi, anticipa e suggerisce quel che di lì a poco si concretizzerà: un uomo in piedi, solo, rivolto verso un pubblico di persone attente e ben ordinate. È così che Lorenzo Maragoni racconta e si racconta nel suo spettacolo Stand up poetry, all’inaugurazione dell’undicesima edizione del festival riminese Le Città Visibili, portando sul palco nulla di più che se stesso, proprio come vogliono le regole del poetry slam: corpo e voce, nient’altro.
Quell’uomo di quasi 39 anni ragiona ad alta voce di fronte a noi con parole accuratissime, sincere, grintose, piacevolmente musicali, e si interroga – senza trovare mai risposte – riguardo a questioni quotidiane, comuni a ognuno degli uditori. «Le poesie vanno dritte» recita uno dei suoi versi, e questo Maragoni lo sa bene: ogni parola che usa infatti è una freccia, una nota che si aggrappa alla successiva per comporre sinfonie sconosciute. Gli occhi e le orecchie allora si allineano e danzano vorticose, guidate dai ritmi ondulanti delle rime dell’autore che sapientemente alterna riso e introspezione, silenzio e rumore, vuoti e pieni. Se inizialmente si resta disarmati dinanzi alla raffica di parole utilizzate dal poeta, ci si lascia poi trasportare, affidati a un ritmo ipnotico – simile a quello della pizzica salentina – in cui la fusione tra il suono e il significato genera sorgenti sempre nuove di conoscenza e di meraviglia.
Nella solitaria battaglia di parole in cui si affastellano veloci soggetti, predicati e complementi, Lorenzo Maragoni si trasforma in mediatore, paciere inedito, direttore d’orchestra, tessitore di una tela fittissima di vocaboli colloquiali, poi formali, poi ancora familiari. Questi ultimi, senza forma per natura, grazie alla loquacità mordente dell’artista, iniziano a reificarsi, a concretizzarsi come fossero le scene di un film proiettato. A Rimini, tra le pareti dell’ex cinema Astoria, l’invisibile si fa visibile: la musica, la morte, il senso d’appartenenza, le emozioni e anche le parole.

Margherita Alpini


Non era il mio primo contatto con lo slam poetry, e da quel poco che ho visto sapevo che mi sarei divertito, ma anche che avrei assistito a un compromesso tra quanto il pubblico può sentire proprio e le tematiche intime che solo un poeta può portare. Lo spettacolo Stand up poetry di Lorenzo Maragoni, che ha aperto il festival Le Città Visibili 2023, ha invece dimostrato che mi sbagliavo, perché l’autore ha scelto un’altra strada, quella cioè di muoversi nel sottile equilibrio tra volgare e letterario. O piuttosto ha fatto capire, spaziando tra vari temi di attualità, quanto questa barriera sia oggi ormai caduta.
Il dinamismo di Maragoni incalza la platea dall’inizio alla fine, dando ai suoni e alle parole un’energia nuova. Il consueto inizio freddo, tipico di tutti gli spettacoli di slam, in cui solitamente l’artista introduce le specifiche di questa disciplina non nota al grande pubblico, in Stand up poetry si riscalda rapidamente fondendosi con la performance stessa, anziché rimanerne al di fuori. Lo spettacolo si costruisce proprio dando l’impressione di dialogare con l’autore, partendo dal suo quotidiano, ma in questa leggerezza Maragoni discioglie una profonda consapevolezza della poesia nel nostro tempo. L’atmosfera goliardica che percorre l’intera performance fa uso del cavallo di battaglia tipico della comicità, ossia i cliché, e per quanto riguarda la poesia, il più gettonato è proprio quello dell’amore: con l’espediente di ironizzare sull’argomento, Maragoni intreccia questo tema con i disagi del nostro tempo, in due pezzi posti in continuità fra loro e che tracciano l’inadeguatezza dell’uomo contemporaneo ad approcciarsi con l’amore vissuto dopo quello desiderato, per poi estendere il discorso al lavoro e alla coscienza di sé.
Approfondire i grandi temi con l’occhio dell’artista, ma restituire al pubblico questa verità con ironia e parole semplici: in questo consiste Stand up poetry, ed è un compito già di per sé non facile, nonché ulteriormente complicato dalla volontà dell’autore di dare musicalità ai suoi testi. Lo spettacolo prosegue poi in modo ritmato e con continuità fra le varie pièces: con autoironia Maragoni tocca tante altre corde, come per esempio l’ospitale ostilità della sua terra, l’Umbria, in un monologo ricco di cultura, storia ma anche nostalgia; quella stessa nostalgia che tinge il pezzo seguente, una digressione che parte dalla parola di una sconosciuta e approda poi nei temi della genitorialità e della mancanza. Un altro grande tema che l’autore declina nel quotidiano e con le sue tinte musicali è quello della monotonia, passando dai disagi della vita adulta e dalla stagnazione delle proprie abitudini, fino a estendere questa nozione all’arte stessa. Ma l’intenzione di incontrare progressivamente lo spettatore su un terreno comune diviene evidente soprattutto negli ultimi pezzi, nei quali si fa riferimento al poeta interiore in ognuno di noi.
In definitiva, Maragoni mette in mano allo slam poetry il testimone della “poesia dal basso”, prima separata dal popolo e oggigiorno riportata a noi tutti di diritto. Uscito dal teatro una visione nuova si è instillata nella mia mente: se davvero le cose stanno così, le antologie del futuro avranno ancora posto per i nuovi poeti, ma nel frattempo, ci si accontenta di tornare a casa divertiti e consapevoli.

Lorenzo Toriel


Le luci si spengono e Lorenzo Maragoni scende la scalinata come un divo. L’atmosfera è di attesa come nelle grandi occasioni, tipo l’Ariston durante il festival di Sanremo, ma stavolta, dice lui, nessuno è caduto scendendo le scale. Fin dal suo ingresso con questa battuta, il poeta ci coinvolge nel suo mondo performativo che apre la prima serata del festival Le Città Visibili, rassegna teatrale e musicale estiva a Rimini a cura di Tamara Balducci e Riccardo Amadei.
Maragoni è un artista eclettico: attore, regista, poeta e campione mondiale di poetry slam nel 2022, nel suo spettacolo Stand up poetry fonde lo slam poetry con la stand up comedy. L’autore non ha alcun costume, nessun accompagnamento musicale né oggetti di scena: solo la semplicità e la potenza delle parole occupano lo spazio scenico e ci avvolgono e trasportano tra momenti comici e riflessivi che il poeta riesce a fondere perfettamente, dosandone tempi e pause. Una parola, una battuta e lo spettatore sobbalza sulla sedia dal ridere; mentre l’attimo dopo Maragoni ci porta a guardare dentro di noi: attraversando la morte in maniera a volte dura e altre dolce, il timore dell’invecchiamento e la stanca routine del trentenne fatta di moke da svitare e lavatrici da stendere. Giocando con l’ironia, Maragoni ci fa scoprire così di essere adulti: quando il sabato sera facciamo la lavatrice, mettiamo il pigiama e siamo pronti per andare a dormire, ma poi ci chiamano gli amici per convincerci a uscire e controvoglia li assecondiamo. Una volta arrivati al locale, scopriamo di non avere voglia di stare lì e ci ubriachiamo per farcela prendere bene; e così si fanno le 4 quando torniamo a casa, ed è allora che ci ricordiamo di avere una lavatrice da stendere.
Siamo tutti poeti, dice alla fine Maragoni, ma i poeti è meglio non incontrarli, che sono tutti presi dai loro problemi e le loro mancanze. Eppure non abbiamo mai pensato che la poesia possa cambiarci la vita: anzi, fin da piccoli abbiamo un rapporto obbligato con la poesia, dovuto alla scuola, che ci genera diffidenza in età adulta. E invece, uscendo da questo spettacolo, un senso di pienezza e di gratitudine ci pervade.

Tommaso Daffra


Scrivere versi è un’arte, ma saper leggere poesie e riuscire a interpretarle coinvolgendo lo spettatore è, di fatto, un’arte ancora più sorprendente. Questo è ciò che accade nello slam poetry, una gara di poesia in cui ogni autore, in soli tre minuti e facendo leva solo sul proprio corpo e sulla propria voce, si esibisce con pezzi originali e autoprodotti, senza l’ausilio di musica, costumi o altri effetti scenici, sfidando i poeti avversari in una sorta di “battaglia all’ultimo verso” in cui le performance vengono poi valutate da una giuria di cinque soggetti, estratti a caso tra il pubblico.
L’idea del format si diffonde in Italia nel 2001 al festival RomaPoesia con Lello Voce, ma il genere nasce nel 1984 a Chicago da March Smith, un comune operaio nonché poeta nel tempo libero, con il desiderio di ridefinire i confini della poesia per trasmetterla al pubblico dandogli la possibilità di interagire e partecipare, aprendo così le porte al concetto di inclusione anziché quello di esclusività elitaria. Tra le varie forme di slam poetry spicca lo stand up poetry, un particolare tipo di arti performative che mescola lo slam poetry con la stand up comedy, in cui il comico, in piedi davanti al pubblico a cui si rivolge direttamente, affronta temi e storie di carattere sociale e politico, ma in chiave divertente e ironica.
Alla serata di apertura del festival Le Città Visibili Lorenzo Maragoni, poeta e regista nonché campione italiano e mondiale di slam poetry, si è misurato con questo genere con il suo spettacolo intitolato proprio Stand up poetry. Dal palco Maragoni interpreta versi della sua quotidianità, reale e ipotetica, con un ritmo incalzante e adrenalinico quanto innovativo e originale, a metà tra il cantato e il raccontato, pur mantenendo sempre un tono colloquiale e al contempo cinico e satirico della realtà. Le creazioni proposte durante la serata dal poeta si srotolano passando attraverso temi sociali e di attualità trattati in chiave contemporanea e introspettiva, dalle origini umbre dell’autore all’amore, fino alle differenze generazionali e al tempo che scorre, passando per le relazioni familiari e toccando questioni relative al senso della vita e al suo legame con la morte. Tutto questo senza seguire schemi di metriche o strutture poetiche come la rima, troppo spesso ancora considerata erroneamente come l’unica forma di poesia esistente, bensì dando sfogo a un’esigenza, a un’emozione, alla propria visione della vita, in una totale e spregiudicata libertà espressiva.
Si potrebbe pensare che la più grande difficoltà di un poeta o di un performer sia quella di far piangere lo spettatore per arrivare al suo cuore ed emozionarlo, mentre invece la vera sfida sta forse nel farlo ridere toccando al contempo corde tragiche e drammatiche, e riuscendo a mantenere autoironia e sarcasmo su problemi reali e concreti o sulla fatalità del destino. È così che Maragoni porta in scena la realtà quotidiana degli eventi, a cavallo tra passato, presente e futuro, e con il suo spettacolo interattivo di poesie, fa riflettere con leggerezza ed emotività sulla vita. Una pratica poetica e performativa che ha coinvolto direttamente lo spettatore e che ha permesso al pubblico di identificarsi, condividendo il messaggio, la convinzione, l’interpretazione, l’emozione e i sentimenti dell’autore. Magari è questo che il poeta fa, emozionare se stesso per far emozionare gli altri.

Sara Brugnettini